Il segreto per battere l'artrite? Usare meglio i «vecchi» farmaci

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    Alessandra

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    Azzano Decimo (PN)

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    I medicinali a disposizione, biologici e non, sono più utili che in passato perchè si conoscono di più

    La ricerca va avanti, giustamente. E quasi non passa mese in cui non venga identificato un nuovo obiettivo da colpire per battere l'artrite reumatoide o un nuovo principio attivo da mettere alla prova nei test sperimentali. Ma ciò che più conta, nella vita vera dei pazienti, è gestire bene la malattia coi farmaci già adesso a disposizione: l'arsenale è ampio, scegliere bene come e quando iniziare le cure cambia la vita a tantissimi malati. Non occorre sperare nella «pallottola d'argento» contro il male: ne è convinto Isidoro Gonzàlez-Alvaro, reumatologo dell'ospedale universitario De La Princesa di Madrid, che spiega i motivi sull'ultimo numero di Arthritis Research and Therapy.

    VITA REALE – «Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti significativi passi avanti nella diagnosi dell'artrite reumatoide e sono comparsi molti nuovi farmaci: i pazienti stanno meglio oggi rispetto a dieci anni fa, non ci sono dubbi», osserva Gonzàlez-Alvaro. «Ma quanto dipende dai nuovi principi attivi? E soprattutto, che cosa accade nella vita vera dei pazienti, al di fuori delle sperimentazioni cliniche? I farmaci funzionano davvero? Si ottengono gli stessi risultati?». Il ricercatore spagnolo ha cercato di rispondere a queste domande seguendo poco meno di 800 pazienti raccolti a caso fra quelli seguiti in 34 Centri reumatologici spagnoli: nessuno partecipava a studi clinici, tutti erano pazienti normali, seguiti attraverso i controlli di routine dalle varie strutture. Gonzàlez-Alvaro li ha monitorati per quattro anni e poi, analizzando i dati, ha notato che in media l'attività della malattia è decresciuta nel corso degli anni, segno che viene curata sempre meglio. «Nei pazienti “reali”, però, non abbiamo notato l'arresto della progressione della malattia visibile alle radiografie che viene descritto negli studi clinici», ha ammesso lo spagnolo. «Soprattutto, ci siamo accorti che il miglioramento generale dei pazienti è indipendente dalla disponibilità di nuove terapie: dipende piuttosto da una migliore gestione dei farmaci esistenti, ad esempio il metotressato, che negli ultimi dieci anni abbiamo imparato a usare con maggior appropriatezza. Poi, certo, il merito va anche allo sviluppo dei farmaci biologici che hanno cambiato l'aspetto della malattia in moltissimi pazienti. E che ormai fanno parte a pieno diritto dell'arsenale di medicinali “classici” contro l'artrite reumatoide».

    GESTIONE – Il segreto, insomma, sta tutto nell'usare bene ciò che abbiamo già a disposizione, e che cosa questo significhi nella pratica lo spiega Francesco Trotta, responsabile della Divisione di Reumatologia dell'ospedale S. Anna di Ferrara: «L'analisi dello spagnolo è senz'altro condivisibile: oggi la diagnosi è più precoce e i controlli ravvicinati dopo l'inizio delle cure sono routine ovunque. Una maggiore attenzione nelle fasi iniziali della malattia fa sì che possiamo verificare l'efficacia delle terapie per cambiarle rapidamente, trovando farmaco e posologia giusta per ciascuno in breve tempo. Abbiamo un armamentario terapeutico maggiore rispetto a dieci anni fa e conosciamo molto meglio i “vecchi” medicinali: tutto ciò implica sicuramente una miglior gestione del paziente e quindi migliori risultati clinici per tutti», dice Trotta. «La vera sfida di oggi e del futuro? Fare in modo che il paziente arrivi alla diagnosi e quindi alla cura giusta nel minor tempo possibile». E su questo punto c'è molta strada da fare: come sottolinea anche Gonzàlez-Alvaro, «oggi il nocciolo della questione è individuare nuovi marcatori dell'artrite reumatoide per selezionare prima possibile i pazienti da indirizzare verso l'uno o l'altro trattamento con farmaci biologici. Così otterremo una risposta terapeutica migliore in termini di dolore e funzionalità, ma sarà anche ottimizzato il rapporto costo-efficacia dei farmaci perché sarà possibile evitare prescrizioni non necessarie».

    Elena Meli
    03 dicembre 2008

    Fonte: http://www.corriere.it/salute/reumatologia...44f02aabc.shtml
     
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